Dal 18 al 24 aprile 2016, per il Calendario del Cibo Italiano promosso da AIFB, è la settimana della CUCINA DI FRONTIERA di cui Marina Bogdanovic ne sarà ambasciatrice attenta e capace di regalarci racconti affascinanti ed interessanti.
Nel mio piccolo, mi sono avvicinata alla cucina di frontiera da poco… per amore…
Già, anni fa, bazzicavo sulle Dolomiti, ma un confronto è vivere la nostra montagna di confine per pochi giorni in un anno, tutt’altro discorso è sentire, e volere che un giorno, quel territorio, sarà anche il mio territorio.
Ad alta quota mi sono sempre trovata bene…le basse temperature, l’aria pulita e frizzante, il riverbero del sole sulla neve…paesaggi lunari, ma ricchi di fascino.
La mia terra di frontiera è l’alta Valtellina, così vicina alla rigorosa Svizzera, ma ancora molto Italia. Il nome, molto probabilmente, deriva da Teglio, paese sito nel cuore della vallata, il quale, per una corrente di pensiero, sembra ricondurre all’albero del Tiglio (Tilia in latino) e quindi Valtellina a valle dei Tigli. Secondo altri, invece, il nome deriverebbe da vallis Turrena, ossia “valle dei Tirreni”, antichi etruschi qui rifugiatisi, oppure alluderebbe alle numerose torri che un tempo caratterizzavano la valle.
Che sia corretta un’ipotesi, oppure un’altra, sta di fatto, che in queste zone i sapori sono ricchi, sinceri, decisi, come la gente che la abita, abituata al freddo, alla neve, ma sempre orgogliosa di appartenere a questo territorio impervio.
Qui faticano a crescere le rape, le carote, le coste…neppure le patate sopra i 2000 m.s.l.m. possono essere coltivate. Infatti, per i famosi pizzoccheri si usano proprio quelle di Teglio, che essendo a quote minori, produce tuberi fantastici.
La cucina, in questa zona, è ricca e corposa, con sapori semplici, ma ricca di sentimenti.
La mia ricetta è tratta dal libro “Leina de Saor” (valanga di sapori) voluto con coraggio e molta buona volontà dal Gruppo Cuochi Pasticceri Livigno e dal suo presidente, Michele Bormolini.
Sfogliando quelle pagine, mi sono incantata, le foto hanno rapito la mia attenzione e le mani hanno cominciato subito ad aver voglia di mettersi all’opera.
Per questa mia prima esperienza ho voluto scegliere questa ricetta, molto semplice, che è una via di mezzo fra un pane e una torta. Nè dolce, nè salata, per tradizione accompagna piatti di salsicce… per mio gusto, devo ammettere che forse la preferisco con una buona marmellata di sambuco o con una fettina di Scimudin, formaggio tipico di zona, però le tradizioni sono quelle e i gusti sono svariati.
Per una teglia rettangolare di circa 20×30 cm :
- 350 g di farina gialla fioretto
- 100 g di farina bianca 00
- 35 g di zucchero bianco o di canna
- 10 g di sale
- 50 g di uvetta sultanina
- 700 di latticello (Pén) sostituibile con 350 g di yogurt bianco + 350 g di latte e il succo di mezzo limone
- 50 g uovo
Il latticello è un prodotto della trasformazione della panna in burro. Ormai non viene più prodotto insieme al burro, ma vengono aggiunti al latte dei batteri che fanno fermentare il lattosio. E’ molto utilizzato nei paesi anglofoni e in oriente. Viene usato molto nei prodotti da forno, ma anche per far marinare le carni. Regala una nota acidula molto piacevole e sofficità agli impasti.
Non è facilissimo trovarlo in commercio, e differentemente dai paesi di montagna, non è così facile trovare delle stalle dove si lavorano i prodotti caseari ancora in maniera artigianale, quindi, come vi ho detto negli ingredienti, è possibile sostituirlo con yogurt, latte e limone.
Se utilizzate questi ultimi, dovete avere l’accortezza di lasciare riposare i tre ingredienti ben amalgamati tra di loro, almeno per 15 minuti.
Per il resto la ricetta è semplicissima: amalgamate tutte le polveri
Aggiungete l’uvetta
aggiungete poi l’uovo e il latticello e amalgamate fino ad ottenere un composto omogeneo che andrete a versare nella teglia rivestita da carta da forno oppure imburrata e infarinata.
Cuocete in forno a 140° circa per un’ora.
Servite calda o fredda con marmellate, formaggi o salumi… ma anche così è un’ottima merenda, per nulla stucchevole e molto energetica.
Aprile 18, 2016
Grazie Elena ! Vedi un pò l’assomiglianza fra la ricetta che hai fatto tu e quella che ha fatto Sarra Sguerri…una della Valtellina con la farina di mais, l’altra pressoché uguale con il semolino…è il territorio che è simile e suggerisce le preparazioni semplici, cambia il tipo di farina che viene adoperata.Affascinante no? Come siamo in fin dei conti simili,ovunque si va…
A presto 🙂
Aprile 18, 2016
Stasera cerco di leggerli tutti… 😉 Grazie cara …a presto
Aprile 19, 2016
Un dolce goloso, molto invitante che non conoscevo, grazie della ricetta!!!!
Aprile 19, 2016
Grande Elena,
sempre emozionante leggere le tue ricette e ciò che racconti….
Brava, brava, brava
Tanti cari saluti
Davide
Aprile 20, 2016
vedi? Io invece la montagna la amo davvero poco, ma quando si parla di cucina è un’altra musica! Sapori rustici e genuini, come piacciono a me. Ti so già dire che rifarò la tua ricetta, “semplice” ed eclettica, proponendola come dolce e come ha conquistato me conquisterà anche mio marito! Grazie 🙂
Aprile 21, 2016
Stupenda! Anche tu hai usato il fioretto e la farina bianca, come si fa con la sbrisolona….hai citato posti che sono nel mio cuore per vari motivi. Bello condividere queste “piccole” cose. Senza averlo saputo prima! Brava!!!
Aprile 21, 2016
Quante cose si imparano dal calendario! Mi hai fatto venire voglia di montagna, che preferisco di gran lunga al mare… E questa torta il la vedo bene con la marmellata di sambuco, senza dubbio!